«Un tributo troppo alto è stato pagato dalla Sardegna con l’alluvione della giornata di ieri che ha portato morti e distruzione. E’ vero che ci sono cambiamenti climatici in atto, ma fra le cause principali bisogna puntare il dito contro una inadeguata pianificazione e gestione del territorio che continua a non considerare il rischio idrogeologico». Lo sottolinea Andrea Sisti, presidente del Consiglio dell’ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali in seguito all’alluvione in Sardegna che ha già provocato, al momento, sedici vittime e un disperso. «Questa volta siamo di fronte a precipitazioni eccezionali, ma non è comunque possibile che in ogni periodo autunnale – dice Sisti -, quando le precipitazioni sono in parte prevedibili, si sia a discutere sulla mancata prevenzione, di chi siano le responsabilità e probabilmente dell’inutilità delle norme, con il risultato sempre nuovi disastri ambientali, oltre in primis alla perdita di vite umane. Siamo un Paese dove all’organizzazione del territorio, purtroppo, si antepone la fatalità». Il CONAF ed i dottori agronomi e dottori forestali della Sardegna – oltre ad esprimere un profondo cordoglio per le vittime – stanno già effettuando un primo monitoraggio nelle aree rurali colpite dall’alluvione, mettendosi a disposizione delle istituzioni locali e della Protezione Civile pronti a collaborare in termini di capitale umano da impiegare per fronteggiare, in tempi rapidi, la fase del censimento dei danni, in modo particolare sul territorio rurale, come è stato fatto anche in Maremma nell’alluvione 2012. «L’isola – afferma Corrado Fenu, consigliere CONAF – è interamente devastata, non solo le città ma anche e soprattutto le campagne. La Gallura, il Nuorese e il Medio Campidano le zone più colpite finora, ma ovunque ci sono frane, smottamenti e paesi isolati – precisa Fenu. E se nel caso di Olbia le ragioni si spiegano con un accentuato disordine urbanistico e nell’urbanizzazione ‘forzata’, nel resto della Sardegna il territorio è in gran parte dimenticato dai privati e dalle amministrazioni pubbliche. Spesso viene meno la manutenzione ordinaria delle sistemazioni idraulico agrarie, mentre i piccoli comuni hanno difficoltà a gestire i piani di Protezione civile. Alcuni Comuni non hanno nemmeno i piani ‘stessi’, non sanno dove le persone si devono riunire in caso di estrema emergenza, come questa». Situazione drammatica anche nelle campagne: «L’abbandono dei percorsi rurali nelle zone dove si dovrebbe attuare la salvaguardia del territorio – aggiunge Fenu – provaca i conseguenti danni nelle aree a valle dove si hanno così fenomeni di flussi idrici incontrollati. Il settore della zootecnia e della pastorizia conta già danni ingenti». «Questi fenomeni naturali – spiega Ettore Crobu, presidente della Federazione dei dottori agronomi e dei dottori forestali della Sardegna – pur essendo conosciuti non sono mai stati presi in considerazione nella pianificazione territoriale. Tutti gli interventi nel territorio vengono eseguiti tenendo in considerazione la media della serie storica delle precipitazioni e non la precipitazione massima rilevata nel tempo. Le conseguenze sono visibili da tutti: fenomeni erosivi molto intensi nelle aree a forte pendenza senza alcuna sistemazione idraulica per la difesa del suolo». E poi prosegue Crobu: «Per quanto attiene il limite di edificabilità di 150 metri dalle fasce pluviali, bisogna considerare che le aree che insistono sulle alluvioni recenti devono essere tutelate integralmente senza limiti, le alluvioni recenti sono le normali casse di espansione di fiumi e torrenti per cui non sono edificabili per l’alto riconosciuto rischio di inondazione; sono le aree con i suoli più fertili adatti alla coltivazione della gran parte di colture erbacee ed arboree». Il CONAF ritorna sul tema del consumo del suolo: «Servono strumenti finanziari finalizzati alla realizzazione di opere di manutenzione del territorio – prosegue il presidente Sisti – in grado di inserire diritti ecologici e paesaggistici che devono sostituire gli oneri di urbanizzazione. Dobbiamo riqualificare i centri abitati nell’ottica di una interconnessione con il territorio circostante. Un’operazione non più procrastinabile che deve necessariamente portare a cambiare i sistemi di tassazione sul territorio per migliorare la qualità degli insediamenti. Le amministrazioni comunali e gli enti preposti devono essere obbligati con questa modalità di contribuzione a fare interventi per la salvaguardia del territorio e non deturparlo».