Qualità e sicurezza agroalimentare – Coltiv@laProfessione //www.af-online.it Solo un altro sito WordPress Sun, 07 Jan 2018 03:55:16 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.5.32 «Italia, Paese virtuoso ma viviamo periodo di contrazione tecnica e di risorse» //www.af-online.it/italia-paese-virtuoso-ma-viviamo-periodo-di-contrazione-tecnica-e-di-risorse/ Wed, 09 Apr 2014 17:12:00 +0000 //www.af-online.it/?p=450 Intervista di Cristiano Pellegrini a Federico Spanna – presidente Associazione italiana di agrometeorologia

Qual è il contributo dell’agrometeorologia per la qualità e sicurezza alimentare?
Tutte le recenti normative europee, italiane e regionali attribuiscono un grosso peso alla qualità alimentare ed alle tecniche ed agli strumenti per il perseguimento della sicurezza alimentare ed agroambientale. Tra di essi vi sono anche importanti supporti di natura agrometeorologica. Alla base della lotta integrata di molti processi produttivi in agricoltura vi è la conoscenza dei dati meteorologici al fine di orientare le tecniche di gestione delle colture. I tecnici e gli agricoltori hanno la possibilità sia di conoscere i dati meteorologici di
base sia di consultare le informazioni meteorologiche previsionali. Tali informazioni sono ritenute oggi essenziali per la corretta applicazione delle tecniche di difesa fitosanitaria e di produzione integrata delle coltivazioni.
Quali sono gli strumenti per la gestione integrata e difesa fitosanitaria delle colture?
Oltre ai dati di base esistono ormai strumenti di tipo modellistico che utilizzando i dati delle centraline di rilevamento, li trasformano in output matematici che in molti casi consentono di stimare, simulare e prevedere lo sviluppo di una coltura o di limitatori naturali. I tecnici devono imparare ad utilizzare tali supporti comprendendone il significato e adattando opportunamente le informazioni da essi derivanti al territorio od alla situazione di loro competenza. Naturalmente i modelli possono essere anche di tipo fisico previsionale oppure riferirsi a rischi di tipo biotico o abiotico. I modelli possono essere piuttosto semplici di tipo empirico , oppure modelli molto complessi. Esistono anche modelli utilizzabili per la razionalizzazione dell’uso dell’acqua o delle risorse necessarie alla coltivazione e possono costituire importanti supporti alle decisioni per effettuare le scelte migliori di conduzione colturale in un determinato periodo. Il Piano di Sviluppo Rurale e il Piano di azione nazionale sull’uso dei fitofarmaci prevedono il ricorso a tali supporti per la razionalizzazione dell’uso delle risorse e per l’applicazione delle moderne tecniche di produzione integrata e biologica.
L’Italia quanto ha investito in questo settore? E le regioni più virtuose quali sono?
L’agrometeorologia ha avuto un forte sviluppo negli ultimi trent’anni anni, ma soprattutto negli ultimi due decenni si è avuta una contrazione dei servizi e delle strutture. Indubbiamente negli anni 90 e 2000 c’erano molte più risorse a disposizione ed era maggiormente strutturata una rete di assistenza tecnica in grado di recepirne le potenzialità a livello regionale. Oggi che è arrivata la normativa che ci impone di utilizzare questi supporti, assistiamo, paradossalmente, ad una fase di contrazione sia in termini di risorse che di supporti da un punto di vista tecnico. Attendiamo il nuovo PSR per capire però l’entità delle risorse che saranno destinate ad un settore in cui, sono convinto, ci siano ancora ampi margini di sviluppo. Molte regioni sono state assai virtuose negli anni scorsi ed hanno sviluppato importanti strutture e servizi. Per citarne solo alcune ricordiamo, non in ordine di importanza, l’Emilia Romagna, la Toscana, l’Abruzzo, il Piemonte, il Friuli Venezia Giulia, il Trentino Alto Adige, la Puglia, la Sardegna, la Sicilia, la Basilicata, il Veneto, la Calabria, le Marche. Adesso però tutti soffriamo e bisogna anche dire che molte professionalità maturate negli anni sono state un po’ messe da parte.
Quanto sono importanti innovazione e tecnologia?
L’agrometeorologia ha due anime: quella della ricerca affidata agli enti di ricerca come Università, CRA e CNR e quella dei servizi che devono raccogliere le elaborazioni della ricerca e tradurla in servizio per l’agricoltore. In molti casi anche parte della ricerca è effettuata a livello di sevizi regionali. Innovazione e tecnologia sono la base per poter far crescere il sistema e permettere di trovare soluzioni e allestire supporti per affrontare i numerosi problemi che in ogni stagione affliggono il produttore. Molti risultati della ricerca e molte applicazioni tecnologiche sono già pronte per essere utilizzate e tradotte in servizi, magari previo adattamento alla realtà agricola locale,ma purtroppo le risorse umae e finanziarie sono spesso scarse sia per le fasi di sviluppo che di applicazione. Un tassello di enorme importanza risiede poi nella divulgazione e nell’aggiornamento. In questo contesto l’importanza degli ordini professionali come quello dei dottori agronomi e dei dottori forestali assume un ruolo strategico. Poter contare su una rete di professionisti a supporto delle aziende è un grandissimo patrimonio. Un valore che però ha necessità di essere costantemente aggiornato e formato per arrivare alla creazione di una vera e propria rete di assistenza tecnica. In “tempo di pace” dovremmo poter provvedere all’allestimento di attività di previsione e prevenzione attraverso la creazione di strutture e servizi in grado di fornire i supporti essenziali al comparto agricolo per gestire le situazioni di emergenza ordinaria o straordinaria. Uno di questi aspetti risiede proprio nella formazione e aggiornamento dei tecnici e dei consulenti aziendali. E su questo stiamo lavorando insieme al CONAF.
Quanto e in che modo possono incidere i cambiamenti climatici?
Per prima cosa quando parliamo di cambiamenti climatici dobbiamo dare la giusta informazione. In genere l’informazione che viene maggiormente recepita è una tendenza al riscaldamento globale che porterà nei prossimi anni ad aumenti più o meno consistenti della temperatura media. Attenzione ! E’ importante sempre sottolineare che si tratta pur sempre di una tendenza e che nel frattempo si possono verificare anomalie climatiche anche molto intense di segno opposto. Negli ultimi anni abbiamo proprio assistito all’aumento di fenomeni estremi assolutamente opposti tra loro. Stagioni molto fredde intercalate a stagioni molto calde, eventi pluviometrici intensi e persistenti seguiti da periodi assai siccitosi. Questa situazione, che a seconda delle zone del Paese può assumere maggiore o minore importanza e frequenza, non deve portare a stravolgimenti nella nostra agricoltura, ma azioni di mitigazione ed adattamento. Di fronte al riscaldamento in atto, alle anomalie climatiche, è evidente che è necessario sviluppare le attività di programmazione e pianificazione agricola, bisogna rimanere sempre molto attenti e acquisire tutte le informazioni per orientare le proprie scelte. Il compito di chi ha a vario titolo una qualche responsabilità, deve essere quello di proseguire nelle ricerche,
adottare un’adeguata pianificazione, realizzare servizi e aiutare a gestire gli effetti di un clima bizzarro. L’agricoltura italiana non ha bisogno di essere rifatta, ma di essere governata.

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Il ruolo dell’EFSA per la sicurezza alimentare //www.af-online.it/448/ Wed, 09 Apr 2014 17:03:27 +0000 //www.af-online.it/?p=448 L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) è un’agenzia europea indipendente, finanziata dal bilancio dell’UE e operante in modo autonomo dalla Commissione europea,
dal Parlamento europeo e dagli Stati membri dell’UE. E’ la chiave di volta dell’Unione europea per la valutazione dei rischi relativi alla sicurezza di alimenti e mangimi. L’EFSA, in stretta collaborazione con le autorità nazionali e in aperta consultazione con le parti interessate, fornisce consulenza scientifica indipendente e comunica in maniera chiara su rischi esistenti ed emergenti. Il ruolo dell’EFSA consiste nel valutare e comunicare tutti i rischi associati alla catena alimentare. Poiché le indicazioni dell’EFSA vengono utilizzate per la definizione di politiche e decisioni dei gestori del rischio, l’EFSA svolge buona parte delle sue attività in risposta a richieste specifiche di consulenza scientifica. Le richieste di valutazioni scientifiche provengono dalla Commissione europea, dal Parlamento europeo e dagli Stati membri dell’UE. L’EFSA inoltre si assume incarichi di lavoro in ambito scientifico anche di sua spontanea iniziativa (la cosiddetta procedura di “autoassegnazione”). Di conseguenza, la consulenza dell’EFSA spesso fornisce un supporto ai processi di gestione del rischio e di elaborazione delle politiche. Ciò può significare adottare o revisionare la legislazione europea in materia di sicurezza degli alimenti e dei mangimi, decidere in merito all’approvazione di sostanze regolamentate, come pesticidi e additivi alimentari, o introdurre nuovi quadri normativi e formulare nuove politiche, ad esempio nel settore della nutrizione. L’EFSA non partecipa direttamente a questi processi di gestione, ma la sua consulenza indipendente fornisce un solido fondamento scientifico per tali attività. Attraverso le proprie azioni di comunicazione dei rischi, l’EFSA si prefigge lo scopo di sensibilizzare e di spiegare ulteriormente le implicazioni del suo operato in ambito scientifico. Il suo obiettivo è quello di fornire comunicazioni adeguate, coerenti, accurate e puntuali su questioni di sicurezza alimentare a tutte le parti interessate e al pubblico in generale, sulla base delle valutazioni del rischio effettuate dall’Autorità e della sua esperienza scientifica.

Valutazione del rischio
L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) è stata istituita con lo scopo principale di valutare i rischi associati alla catena alimentare. Le attività di valutazione del rischio svolte dall’EFSA contribuiscono a migliorare la sicurezza alimentare in Europa e a rafforzare la fiducia del pubblico nei metodi adottati per valutare i rischi. La valutazione del rischio è una disciplina specializzata della scienza applicata che consiste nell’esame di dati e studi scientifici allo scopo di valutare i rischi associati a taluni pericoli. Nei suoi primi cinque anni di esistenza, l’EFSA ha pubblicato più di 450 pareri scientifici su un’ampia varietà di tematiche di rischio, tra cui l’encefalopatia spongiforme bovina (BSE) e l’encefalopatia spongiforme trasmissibile (TSE), la sicurezza di additivi alimentari come l’aspartame, gli ingredienti alimentari con effetti allergizzanti, gli organismi geneticamente modificati (OGM), i pesci selvatici e di allevamento, i pesticidi e i problemi di salute animale, compresa l’influenza aviaria. L’EFSA inoltre intraprende attività scientifica di propria iniziativa, attraverso una procedura nota come “autoassegnazione”, in particolare in settori come quello dei rischi emergenti, in cui le conoscenze e gli approcci scientifici sono in continua evoluzione. Tra gli ambiti di lavoro dell’EFSA rientra anche l’armonizzazione delle metodologie per la valutazione del rischio. Ne sono un esempio l’elaborazione di un approccio armonizzato per confrontare i rischi posti da sostanze potenzialmente cancerogene e la consulenza fornita in tema di biosicurezza dei geni marcatori resistenti agli antibiotici. L’Autorità svolge un ruolo importante anche nella raccolta e nell’analisi dei dati scientifici per garantire che la valutazione del rischio europeo sia sostenuta dalle più complete informazioni scientifiche disponibili. In ciò riesce grazie alla collaborazione con gli Stati membri dell’UE per raccogliere, condividere e analizzare dati riguardanti tutta l’Europa, e al lancio di consultazioni pubbliche e inviti a presentare dati per raccogliere informazioni da fonti esterne. Un ulteriore elemento chiave del mandato dell’EFSA è la comunicazione dei rischi associati alla catena alimentare sulla base della consulenza scientifica dell’EFSA.

Come lavora l’EFSA
L’Autorità non è gestita dalla Commissione europea, ma da un direttore esecutivo che, da parte sua, risponde a un consiglio di amministrazione indipendente. Fin dalla sua istituzione, l’EFSA ha stabilito una serie di principi e regole operativi essenziali che sono stati adottati dal suo consiglio di amministrazione. Tra essi si annovera un impegno all’apertura e alla trasparenza in tutti gli ambiti di attività dell’Autorità. L’Autorità, inoltre, è vincolata alla legislazione dell’Unione europea per questioni come l’accesso pubblico ai documenti. In conformità con il proprio regolamento istitutivo, l’EFSA è giuridicamente tenuta a pubblicare sul suo sito web i risultati delle proprie attività scientifiche, oltre ai principali documenti prodotti a livello amministrativo, tra cui bilanci, contabilità e contratti. Tutte le attività dell’EFSA si ispirano a una serie di valori fondamentali, vale a dire l’eccellenza scientifica, l’indipendenza, l’apertura e la trasparenza, la capacità di reazione.

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Controlli e certificazioni: in crescita gli spazi professionali //www.af-online.it/controlli-e-certificazioni-in-crescita-gli-spazi-professionali/ Wed, 09 Apr 2014 16:52:04 +0000 //www.af-online.it/?p=438 di Claudio Fabris – Dottore Agronomo Auditor, responsabile di schemi volontari di certificazione presso Organismo di Controllo e Certificazione

A fronte della globalizzazione dei mercati e della crescente attenzione che i consumatori pongono nella qualità e salubrità dei prodotti agroalimentari, sta aumentando la diffusione e l’applicazione di standard di controllo e certificazione, di sistema e di prodotto, applicabili sia al settore di produzione primaria che alle successive fasi di trasformazione e  preparazione delle materie prime agroalimentari. La figura del dottore agronomo e forestale può e potrà inserirsi con crescente professionalità in tale settore. Le competenze richieste sono molteplici, spaziando dalle pratiche agronomiche di gestione (buone pratiche agricole, agricoltura integrata, agricoltura biologica, origine, ecc.), igiene e sicurezza alimentare (verifiche HACCP, buone norme di produzione), alla tracciabilità e rintracciabilità delle produzioni, ai sistemi di gestione per la qualità, la sicurezza e l’ambiente. La figura del dottore agronomo e forestale può inserirsi a pieno diritto sia nella consulenza diretta alle aziende, sia come auditor, fino a referente e responsabile di standard negli organismi di controllo e certificazione. L’aggiornamento è continuo, sia per evoluzione degli standard e dei regolamenti stessi che per evoluzione degli approcci e delle nuove tecnologie a sostegno di tali attività. Molto importante in questi ambiti anche la conoscenza delle lingue straniere, materia che, molto spesso, rischia di diventare, a volte, un limite per la caratterizzazione stessa della formazione dei dottori agronomi e forestali, motivo per cui sarà opportuno, fin da ora, potenziare già dalle scuole secondarie ad indirizzo tecnico-agronomico, l’insegnamento delle lingue straniere L’ambito dei controlli e delle certificazioni nel settore agricolo richiede la tipica ecletticità della formazione professionale ed umana del dottore agronomo e forestale, motivo per cui ritengo che molti giovani neolaureati iscritti all’ordine possano venir attratti da tale attività. A favore delle elevate competenze tecniche richieste non deve però venir meno l’attaccamento e la conoscenza del proprio territorio, del tessuto umano che caratterizza le attività agricole primarie e secondarie del contesto in cui opera il dottore agronomo e forestale, non esisterà infatti valorizzazione senza la conoscenza ed il legame profondo con la propria terra ed il proprio contesto umano. Il processo di valutazione, soprattutto in ambito agricolo, non può prescindere da una profonda conoscenza e rispetto delle attività svolte in un determinato territorio – sono aspetti che devono essere necessariamente presi in considerazione nello svolgimento di tale attività – sia per attuare in modo efficace i controlli e le valutazioni di conformità, sia per diventare, nello svolgimento della professione, “portavoce” delle problematiche insite nell’applicazione degli standard e dei regolamenti
di certificazione stessi che, per loro stessa natura ed origine, possono risultare a volte  troppo generici, a volte troppo complessi in funzione dei contesti in cui vengono applicati.

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Il punto di vista della grande distribuzione: ecco come Conad garantisce i consumatori //www.af-online.it/il-punto-di-vista-della-grande-distribuzione-ecco-come-conad-garantisce-i-consumatori/ Wed, 09 Apr 2014 16:45:48 +0000 //www.af-online.it/?p=430 Intervista di Lorenzo Benocci a Di Girolamo – Qualità e Sviluppo Conad

La sicurezza alimentare per gran parte dei consumatori passa dalla grande distribuzione organizzata (Gdo), l’ultima tappa prima che le produzioni della terra arrivino in tavola. Pietro Maria Di Girolamo, responsabile Qualità e Sviluppo di Conad, ci spiega come l’azienda agisce nel tema della qualità e sicurezza alimentare per quanto riguarda le prodzione ortofrutticole.

Quali sono i requisiti che adotta il marchio Conad in fatto di valutazione dei fornitori?

Il “sistema Conad” prevede la valutazione dei Fornitori di prodotti ortofrutticoli a fronte del documento contrattuale “Linee Guida per i Fornitori Qualificati Conad”. Ogni Fornitore riceve una visita di “Qualifica pre-fornitura” e periodiche verifiche di sorveglianza la cui frequenza è definita in funzione di diverse variabili, tra le quali:
> rischi associati alla realizzazione della tipologia di prodotto;
> livello qualitativo del Fornitore, documentato da rapporti
di valutazione;
> conformità alle specifiche CONAD delle precedenti
forniture, comprovate da attestazioni analitiche;
> eventuali reclami;
> presenza di Certificazioni accettate da Conad;
> “profondità” della filiera;
> Area produttiva critica per requisiti di sicurezza e/o etici.
Conad svolge queste verifiche quando esiste una necessità commerciale di attivazione nuove forniture/fornitori utilizzando il sistema della “seconda parte” ovvero assegnando incarichi in outsourcing a società e free-lance specializzati in auditing. Le Linee Guida Conad che il fornitore è tenuto a rispettare elencano requisiti cosiddetti di “sistema” (autocontrollo, registrazioni, ecc.) e requisiti di processo (approvvigionamenti, controllo della filiera, trattamenti, contaminazioni, gestione attrezzature – es. irroratrici -, rintracciabilità, ecc.). Alcuni requisiti sono ritenuti di fondamentale rilievo e presuppongono la sospensione delle attività di qualifica se non rispettati appieno. Ogni revisione di qualsiasi Linea Guida di Conad viene sottoposta a una pre-valutazione da parte di un Gruppo di Approvazione, costituito da rappresentanti di ciascuna parte potenzialmente interessata al processo di valutazione di Fornitori di prodotti a marchio (auditor, Enti di Certificazione, Università, Enti ufficiali di controllo, Consumatori).

Come viene affrontata la gestione dei diversi marchi (Private label/ Bio/Dop/Igp/Convenzionale) e come vengono presentati al consumatore finale?
L’ortofrutta Conad è gestita fondamentalmente attraverso tre canali. In primis Conad Percorso Qualità, dove la filiera è controllata dalla produzione alla distribuzione. Il beneficio principale è la sicurezza nella provenienza e nella filiera di produzione. La ‘reason why’, i controlli al di sopra di quelli previsti dalla legge. Quindi Sapori e Dintorni Conad: prodotti tipici (IGP, DOP e tradizionali). La qualità intesa come particolarità nel sapore, viene raggiunta con una linea di prodotti tipici regionali (riconoscimenti DOP, IGP, prodotti agroalimentari tradizionali) con forte identità nella tradizione locale. Infine c’è lo sfuso/confezionato a marchio del fornitore: tutto ciò che viene veicolato con marchio del fornitore (compreso bio) o privo di marchio.

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Innovazione: la gestione della tracciabilita’ e rintracciabilita’ delle clementine //www.af-online.it/innovazione-la-gestione-della-tracciabilita-e-rintracciabilita-delle-clementine/ Tue, 08 Apr 2014 16:37:04 +0000 //www.af-online.it/?p=420 di Salvatore Maurello – Dottore Agronomo Responsabile tecnico Settore Agrumario OP SIBARIT

Innovazione fondamentale per garantire produzioni sicure e di qualità. Grazie ad un sistema informatico ideato all’interno del gruppo OP SIBARIT – OSAS – CAMPOVERDE SpA con lo scopo di realizzare e gestire la tracciabilità e la rintracciabilità delle produzioni delle aziende associate. L’applicazione è installata presso un server web e può essere utilizzata, tramite un qualsiasi browser, in rete locale o a distanza, da PC, Tablet e dispositivi mobili. Le procedure informatiche realizzate consentono la registrazione dell’attività tecnica effettuata in campo nel corso del ciclo produttivo, che rappresenta un’innovazione assoluta nel settore, e la gestione delle operazioni di magazzino nel corso della lavorazione, del confezionamento e della vendita del prodotto. Oltre a quanto indicato questo software consente di gestire tramite GIS i dati territoriali fondamentali per la gestione tecnica; di tracciare i monitoraggi dei principali parassiti effettuati per consentire una eventuale tempestiva difesa; di visualizzare, una volta importati, i dati meteo rilevati dalle capannine meteorologiche disponibili; di avere un controllo quantitativo e contabile del magazzino dei fitofarmaci e dei concimi delle singole aziende. A supporto di questa tecnologia principale, è stata realizzata un’applicazione per le operazioni di campo del tecnico, compatibile con la maggior parte dei palmari industriali; supporta la lettura dei codici a barre, diverse stampanti portatili e la connessione a dispositivi GPS. I dati presenti sul server e sui dispositivi palmari vengono aggiornati e sincronizzati attraverso collegamento diretto o WiFi. La base portante di questi strumenti è costituita da una serie di dati quali: il sistema produttivo con la definizione dei blocchi produttivi, l’anagrafica aziendale con inclusa documentazione catastale, le macchine agricole e la gestione della loro taratura e manutenzione, gli operatori aziendali con la gestione dei loro eventuali  patentini, gli impianti irrigui e le loro caratteristiche tecniche, le fasi fenologiche delle colture, i volumi di distribuzione dei fitofarmaci, le date di inizio raccolta, le fitopatologie, i sistemi di monitoraggio, i fitofarmaci, i concimi, i disciplinari di produzione integrata. Fondamentale per queste applicazioni è l’identificazione a livello aziendale dei singoli blocchi produttivi, i quali, una volta codificati e vettorializzati, sono rintracciabili allo stesso modo delle particelle catastali su cui ricadono. Infatti, attraverso questo sistema è possibile disporre di una mappa con i dati estrapolati dal software utilizzando come base cartografica le visualizzazioni satellitari fornite da Google Maps. Esportando i dati in formato KML è possibile fornire a terzi, elementi cartografici per la consultazione con il programma Google Earth. I tecnici di campo dell’OP SIBARIT hanno in dotazione un palmare personale e una stampante portatile con cui effettuare le prescrizioni di difesa, di nutrizione, di irrigazione e registrare le esecuzioni di quanto prescritto nonché le altre operazioni colturali. Il Responsabile Tecnico, attraverso un’interfaccia web, configura le aziende controllate, i disciplinari di produzione da applicare per ciascun blocco produttivo; per ciascun disciplinare di produzione si possono aggiungere una serie di prodotti ammessi, filtrandoli su determinati principi attivi o su singoli fitofarmaci o su singoli concimi. Al momento della sincronizzazione con il server, ogni tecnico con il proprio palmare avrà a disposizione vincolata i dati necessari per poter gestire le prescrizioni per ogni blocco produttivo ad esso collegato. In campo i tecnici effettuano e consegnano al produttore, codificata e datata, la prescrizione di difesa, di concimazione o di irrigazione e successivamente registrano l’esecuzione della prescrizione ricevendo dal produttore la sezione della prescrizione destinata a raccogliere i dati di esecuzione dell’operazione prescritta. Tale operazione è facilitata dalla presenza di un codice a barre che consente al palmare di rintracciare subito la prescrizione di cui si richiede l’esecuzione. Oltre al tecnico anche il produttore, autorizzato e loggato, può visualizzare i suoi dati, le prescrizioni emesse dal tecnico, il registro dei trattamenti, delle concimazioni, dell’irrigazione e dell’operazioni colturali, può registrare direttamente le esecuzioni tramite un’interfaccia web personalizzata, può analizzare lo stato del proprio magazzino e caricare le fatture dei prodotti utilizzati in campo. Il sistema gestisce anche la tracciabilità del prodotto nella fase di lavorazione, confezionamento e vendita, tramite la generazione dell’albero LPFO (Lavorazione Processi Fasi Operazioni). Attualmente la gestione della fase di conferimento del prodotto è effettuata con un software diverso i cui dati vengono resi disponibili per il software. Una volta rilevati i dati di conferimento (varietà, n° di bins, quantità, data di conferimento), il programma si arricchisce nella fase di lavorazione e confezionamento di una serie di dati per ogni fase del processo previsto nell’albero LPFO della lavorazione che il lotto in esame sta seguendo. Alla fine della lavorazione, al lotto confezionato viene collegato un codice tracciato generato in automatico dal sistema che verrà stampato sulle etichette delle confezioni di Clementine e visibile al consumatore che inserendolo nella parte pubblica del sistema avrà a disposizione l’origine geografica e la storia di campo e di opificio delle Clementine acquistate. Pertanto il consumatore avrà disponibili e tracciate tutte le informazioni relative alle sue aspettative di qualità quali: le caratteristiche organolettiche delle Clementine, il loro stato igienico-sanitario, la territorialità delle Clementine, in quanto consapevole che la vocazionalità di una zona influenza la qualità, e la certezza di un uso di tecniche produttive rispettose dell’ambiente ed ecocompatibili.

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Il castagno in Campania, dall’emergenza cinipide al controllo biologico e integrato //www.af-online.it/il-castagno-in-campania-dallemergenza-cinipide-al-controllo-biologico-e-integrato/ Tue, 08 Apr 2014 16:31:20 +0000 //www.af-online.it/?p=413 ImmagineCinipide1 Il castagno (Castanea sativa]]> di Eduardo Ucciero – Regione Campania e Raffaele Griffo – Regione Campania

ImmagineCinipide1Il castagno (Castanea sativa L.) in Campania riveste un’ importanza fondamentale da un punto di vista socio economico. Infatti, oltre alla produzione di legno e di frutti, i castagneti rappresentano un presidio del territorio per la salvaguardia ambientale e l’assetto idrogeologico. Inoltre, con una media annua di 26/28 mila tonnellate di castagne, la Campania copriva fino a pochi anni fa da sola circa il 50% della produzione nazionale. Da qualche anno questa importante coltura è colpita da una emergenza fitosanitaria, rappresentata dal cinipide del castagno – Dryocosmus kuriphilus (Yasumatsu), una piccola vespa considerata uno dei fitofagi più dannosi del castagno. I danni che compie sono molto evidenti con la formazione di galle, cioè ingrossamenti di varie forme e dimensioni, a carico di gemme, foglie e amenti del castagno. Da queste galle nei mesi di giugno e luglio fuoriescono gli adulti del cinipide, tutte femmine alate che vanno a depositare le uova nelle gemme neoformate delle piante colpite. Le piante fortemente infestate dal cinipide, oltre a presentare un forte deperimento, possono aumentare la loro suscettibilità nei confronti di patogeni quali la Cryphonectria parasitica (Mur.), la Phitopthora cambivora (Petri) e altri.

La principale modalità di diffusione dell’insetto sulle lunghe distanze è attraverso il materiale di propagazione (modalità con la quale è probabile sia entrato l’organismo nocivo nel nostro territorio). La lotta chimica risulta piuttosto difficile a causa del particolare ciclo dell’insetto che avviene per la maggior parte all’interno delle gemme e delle galle, inoltre, allo stato attuale, non esistono specifici prodotti registrati. Comunque la lotta chimica non dovrebbe essere praticabile nell’ambiente forestale. La Regione Campania, con il Servizio fitosanitario, dall’inizio dell’emergenza sul proprio territorio ha attivato una serie di azioni sia di tipo divulgativo sia di tipo strettamente fitosanitario, come il controllo diretto del fitofago con l’impiego dell’imenottero parassitoide: Torymus sinensis. Il Servizio fitosanitario della Regione Campania, come del resto anche gli altri Servizi fitosanitari regionali, sulla base dei buoni risultati ottenuti in Piemonte e di altri paesi, ha deciso di intraprendere la strada del controllo biologico del cinipide. Il T. sinensis , seppur con i tempi propri della natura, in 5 / 6 anni riesce ad avere un buon controllo del fitofago, se trova le condizioni ottimali per il proprio sviluppo. Nel 2000 sono state avviate prove di lancio dell’antagonista naturale del D. kuriphilus mentre nel 2012 ci sono stati ben 102 lanci in zona focolaio e che sono passati nel 2013 a 300. A questi vanno aggiunti anche
quelli dei privati. La disponibilità dell’antagonista del cinipide, il T. sinensis , sopratutto negli anni passati è stata limitatissima in quanto prevede la raccolta delle galle parassitizzate, una fase di allevamento in laboratorio, l’introduzione su galle neo formate. Prima dell’introduzione del T. sinensis occorre verificare l’idoneità del sito di lancio, valutata in funzione dei vari parametri. Il rilancio della coltivazione del castagno appare legata, da un lato all’introduzione, nei castagneti, di pratiche agronomiche atte ad evitare fenomeni di degrado di carattere vegetativo e produttivo conseguenti ai diversi fattori negativi (cambiamenti climatici, cinipide galligeno, cancro, ecc.) verificatesi negli anni recenti, dall’altro all’adozione dell’innovazione tecnologica nelle aziende produttrici e trasformatrici per migliorare la competitività del prodotto sui mercati. Pertanto sono state intraprese anche sperimentazioni sulla confusione sessuale contro le cidie del castagno, l’uso di nematodi entomopatogeni contro il balanino, prove con repellenti contro in cinipide, possibilità di trattare con le microonde i frutti di castagne in pre-immagazzinamento.

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Ciliegio: biologico e agricoltura integrata per una produzione di qualità //www.af-online.it/ciliegio-biologico-e-agricoltura-integrata-per-una-produzione-di-qualita/ Tue, 08 Apr 2014 16:26:56 +0000 //www.af-online.it/?p=406 p.20_oto_MG_ciliegio_AF La coltura del cilieg]]> di Mariagiovanna Netti – Dottore Agronomo e Vito Antonio Romito – Dottore Agronomo

p.20_oto_MG_ciliegio_AFLa coltura del ciliegio in Italia interessa una superficie di circa 28.000 ettari con una produzione di 143.000 t nel 2013, concentrata in poche regioni (Puglia 46%, Campania 20%, Veneto 15 ed Emilia Romagna 8%) e circoscritta in limitati territori ad elevata vocazione (Istat, 2013). Le produzioni areiche medie in Italia si attestano su circa 3-5 t ha-1 molto variabili nel tempo nei diversi areali di coltivazione a causa della notevole influenza della componente climatica sull’esito delle produzioni. In particolare in Puglia la produzione è concentrata nel Sud-Est barese, nei comuni di Turi e Conversano e dintorni, e nell’areale di Bisceglie e comuni limitrofi nel nord barese. Questa concentrazione territoriale ha permesso la specializzazione degli agricoltori, in grado di produrre ciliegie di elevata qualità, caratteristica che da sempre contraddistingue la cerasicoltura del barese. Appare quindi evidente che il ciliegio è una coltura che riveste un notevole interesse economico, infatti nel 2007 sono state censite circa 28.000 aziende in Italia di cui circa 8500 nella sola Puglia con una dimensione media aziendale di circa 2,15 ha, doppia di quella nazionale. La cerasicoltura pugliese sta vivendo una continua evoluzione, con un forte sviluppo di nuovi impianti più competitivi ed innovativi, mediante l’aumento della densità di impianto, l’ammodernamento dell’assortimento varietale (sebbene la varietà di punta è ancora rappresentata dalla Ferrovia), l’impiego di nuovi portainnesti, l’adeguamento delle tecniche colturali alle singole varietà, con particolare attenzione all’adozione di sistemi di coltivazione sostenibili. Sebbene i potenziali parassiti e patogeni del ciliegio siano numericamente elevati, quelli che per frequenza, diffusione e danni provocati potrebbero richiedere interventi fitoiatrici sono esigui. Pertanto, la coltura ben si presta alla gestione con tecniche di agricoltura biologica ed integrata, ben apprezzate dal consumatore finale. Il mercato attualmente richiede una ciliegia caratterizzata da una qualità globale: estetica, gusto, serbevolezza, consistenza e sanitaria. Tali caratteristiche sono garantite da una gestione ottimale di tutti i fattori della produzione. In particolare, la raccolta rappresenta un momento fondamentale della filiera produttiva sia per la qualità finale della ciliegia sia per gli importanti risvolti sociali, considerando l’entità elevata di manodopera impiegata in un periodo ristretto di tempo.

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Emilia Romagna scrigno della coltivazione delle pere di qualità //www.af-online.it/emilia-romagna-scrigno-della-coltivazione-delle-pere-di-qualita/ Tue, 08 Apr 2014 16:21:08 +0000 //www.af-online.it/?p=400 di Dario Rossi – Dottore Agronomo

Non si può parlare di produzione ortofrutticola Emiliano- Romagnola senza parlare di pere. Infatti tutte le province di quella regione, in misura più o meno estesa, sono interessate da questa coltura. Le pere si trovano maggiormente nei territori del ferrarese, del modenese, bolognese e ravennate ma anche in provincia di Reggio Emilia e, in superficie limitata, nei rimanenti bacini regionali. Condizioni pedoclimatiche favorevoli hanno fatto sì che l’Emilia Romagna sia tra le più vocate a pere di tutta Europa ed è proprio grazie all’Emilia Romagna che l’Italia si pone al terzo posto a livello mondiale tra i produttori di questa pomacea con circa 900.000 tonnellate/anno. Se pensiamo che al primo e secondo posto nel mondo figurano Cina e Usa che posseggono superfici utilizzabili enormemente più vaste, possiamo capire l’interesse che la coltura della pera occupa nei nostri territori. E proprio in Emilia Romagna sono presenti tutte le varietà di maggior interesse commerciale. Parliamo infatti di Abate, Conference, William bianco e rosso, di Kaiser e Decana e di alcune varietà a maturazione precoce tipo S. Maria e altre. Unitamente a queste stanno prendendo piede ulteriori Cv tipo Carmen, Angelis ed alcune varianti di pera a buccia rossa. La specializzazione, nei nostri territori, si è enormemente sviluppata nel tempo, creando produttori in grado di gestire professionalmente e in modo ottimale le varie pratiche agronomiche e colturali. Nel contempo anche le figure tecnico-professionali che seguono questa coltura si sono affinate durante gli anni ed oggi l’Italia è in grado di offrire pere sane, belle, buone e in regola con gli standard residuali. Gran parte del prodotto, infatti, segue canali di commercializzazione in esportazione* e possiede, quindi, tutte le caratteristiche positive degli agroalimentari di qualità. Un’annotazione occorre farla per quanto riguarda la fase post-raccolta che risulta essere tra le più importanti della filiera produttivo-commerciale del prodotto pera. Anche in questo settore vi è un’indiscussa professionalità che deve, però, seguire la velocità dei cambiamenti che avvengono senza snaturare il prodotto stesso. Anche in questo, come in tutte le fasi che vanno dalla messa a dimora, produzione, conservazione, marketing e commercializzazione, la figura del dottore agronomo, può supportare e accompagnare questo importante prodotto della nostra Italia.

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La clementina in Calabria: un approccio al moderno controllo del ciclo produttivo //www.af-online.it/la-clementina-in-calabria-un-approccio-al-moderno-controllo-del-ciclo-produttivo/ Tue, 08 Apr 2014 16:16:27 +0000 //www.af-online.it/?p=396 p.19_foto E’ trascorso più di un secolo da quando il frate Clemente Rodier ini]]> di Salvatore Maurello – Dottore Agronomo

p.19_fotoE’ trascorso più di un secolo da quando il frate Clemente Rodier iniziò la diffusione del Clementine in Algeria. In Calabria la diffusione iniziò negli anni ’50. L’apirenia, la facile sbucciabilità, la deliquescenza degli spicchi, le poche ghiandole oleifere e l’equilibrato rapporto tra gli acidi e gli zuccheri ne hanno determinato un rapido successo commerciale facendo raggiungere alla coltura, in un arco temporale limitato, superfici ragguardevoli. Oggi la Clementinecoltura rappresenta per la Calabria un settore produttivo di notevole importanza. Tale importanza deriva non solo dalle quantità prodotte ma anche dal livello di occupazione generato dalla coltura . Nell’ultimo decennio (2002-2012) la Calabria ha innalzato la sua quota di produzione di Clementine sul totale nazionale della coltura passando dal 64% al 76%, detenendone il primato con una produzione 4.857.000 q.li. Anche per la superficie coltivata a Clementine la Calabria registra nell’ultimo decennio un trend positivo rispetto alla superficie nazionale della coltura passando dal 46% al 64%; attualmente in Calabria la superficie agricola coltivata a Clementine è pari (dati Istat) a  17181 ha. Tale superficie, insieme alle quantità prodotte, sono in grado di generare un potenziale monte-ore di lavoro pari a 10.308.600. Nel 1997 la Clementine di Calabria ha avuto il riconoscimento comunitario di Indicazione Geografica Protetta (IGP) (Reg. CEE 2325 del 24.11.97). All’interno del gruppo OP Sibarit – Osas – Campoverde Spa, attraverso cui passa una parte rilevante della storia del’associazionismo e valorizzazione della produzione delle Clementine prodotte in Calabria, l’intero ciclo produttivo è sottoposto a controllo tecnico per salvaguardare la salute dei consumatori e l’ambiente. I tecnici, che quotidianamente operano in campo, sono supportati da un sistema informatico, capace di tracciare i controlli e le prescrizioni tecniche effettuate per ciascuna azienda associata.

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Il ruolo dell’agronomo nello sviluppo dell’arancicoltura in Sicilia: come affrontare il mercato //www.af-online.it/il-ruolo-dellagronomo-nello-sviluppo-dellarancicoltura-in-sicilia-come-affrontare-il-mercato/ Tue, 08 Apr 2014 16:08:11 +0000 //www.af-online.it/?p=390 OLYMPUS DIGITAL CAMERA Il legame tra la Sicilia e l’arancia deriva da una storia ormai più c]]> di Francesco Platania – Dottore Agronomo

OLYMPUS DIGITAL CAMERAIl legame tra la Sicilia e l’arancia deriva da una storia ormai più che millenaria, avendo avuto inizio già nel IX secolo ad opera degli Arabi, essendo poi proseguito a partire dal XIV secolo con la diffusione ad opera dei Portoghesi e avendo trovato il massimo della diffusione a partire dal XX secolo. Il carattere di tradizionalità e il peso socio economico della coltivazione dell’arancia è confermato dalla diffusione in termini di superficie che oggi ammonta a circa 60.000 ettari. Le aziende agricole sono circa 27.000 con una occupazione diretta di circa 25.000 addetti (6.5 mln/gg). Considerando la resa media, pari a 250q/ha e, ahimè, il prezzo medio di soli 20 euro /q, il comparto arancicolo genera una P.L.V. annuale all’origine di circa 300.000.000 di euro (Fonte: Elaborazione DIGESA UNICT su dati ISTAT). Valore che assume un peso non indifferente se come parametro di valutazione della importanza economica viene presa in considerazione la vita media dell’aranceto (35 anni) e tutto l’indotto che ne consegue. Sul territorio Siciliano la “Piana di Catania”, con le sue peculiarità e caratteristiche pedoclimatiche, da sola rappresenta il fiore all’occhiello dell’agrumicoltura siciliana con le note varietà pigmentate Tarocco, Moro e Sanguinello (IGP Arancia Rossa di Sicilia). Altresì importanti le bionde Whashington Navel ottenuta in provincia di Agrigento (DOP Arancia di Ribera) e l’Ovale della Valle dell’Anapo. Purtroppo, nonostante le peculiarità del prodotto e le qualità universalmente riconosciute, la nostra agrumicoltura, per molte e note ragioni, ha subìto e continua a subire sempre più pesantemente la concorrenza di altri paesi produttori. In questo contesto la coltivazione dell’arancia non può essere lasciata al caso. Nell’ottica del miglioramento, e in un contesto competitivo così spietato, il ruolo che riveste l’Agronomo è fondamentale. Fondamentali sono infatti i giusti indirizzi tecnici a partire dall’impianto, il tenere concretamente conto di tutti i fattori durante la produzione che, se non ben ponderati, possono influire negativamente sull’esito della coltura, nel rispetto dell’agroecosistema, della legislazione cogente e della sicurezza alimentare e del mercato. Va messo in risalto come i costi di produzione sono in continuo aumento, ma soprattutto va evidenziata una commercializzazione “disgregata” che, anche se involontariamente, ha contribuito a mettere in crisi di sopravvivenza la nostra agrumicoltura. Non è stato ancora infatti superato il sistema “individualistico”, anacronistico rispetto le regole che caratterizzano la moderna commercializzazione che appunto richiede concentrazione dell’offerta e qualità per affrontare le richieste sempre più esigenti del mercato, GDO in testa.

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