«Genova, allarme alluvioni: una legge nel decreto sviluppo che fermi il consumo di suolo e introduca strumenti finanziari per le opere di manutenzione»

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«Una legge nel Decreto sviluppo che fermi il consumo di suolo e introduca strumenti finanziari finalizzati alla realizzazione di opere di manutenzione del territorio in grado di inserire diritti ecologici e paesaggistici che devono sostituire gli oneri di urbanizzazione. A chiederlo Andrea Sisti, presidente del CONAF, Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali, in seguito all’alluvione che ha colpito il capoluogo ligure, provocando morti e distruzione. «Occorre invertire la rotta – spiega Sisti – altrimenti non ci sarà sviluppo se non c’è territorio. Dobbiamo riqualificare le città nell’ottica di interconnettere e interconnetterle con il territorio circostante. Un’operazione non più procrastinabile che deve necessariamente portare a cambiare i sistemi di tassazione sul territorio per migliorare la qualità degli insediamenti. Le amministrazioni comunali e gli enti preposti devono essere obbligati con questa modalità di contribuzione a fare interventi per la salvaguardia del territorio e non deturparlo».

«L’ambiente non è una somma di componenti da trattare in modo separato ma un insieme di fattori biotici ed abiotici per i quali occorre una strategia unitaria – aggiunge Graziano Martello, consigliere Coordinatore Dipartimento Foreste ed Ambiente del CONAF – se il territorio viene trattato come uno “spezzatino” e non c’è una gestione coordinata, ciò che è successo a Genova è una tragedia annunciata. In Italia – la politica dovrebbe dare una strategia comune e coordinata per il governo del territorio e le strutture tecnico-amministrative dovrebbero metterla in atto. Il frammentare le competenze frammenta anche le responsabilità e le azioni da intraprendere». Così, oggi, abbiamo dei morti e una città distrutta – a pochi giorni da un’altra catastrofe “evitabile” delle Cinque Terre e Lunigiana. «Gli elementi naturali (come l’acqua) sono “ospiti” scomodi in una città – dice il dottore forestale -; tant’è che i corsi d’acqua sono spesso interrati e cementificati; la natura è insomma un elemento di disturbo».

«I Piani di bacino – spiega Angelo Consiglieri, presidente dell’ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali di Genova e Savona – possono rappresentare una forma di prevenzione tra le più efficaci, tuttavia le risorse e i mezzi impiegati sono risultati spesso insufficienti per affrontare le problematiche a cui si riferiscono. Sono stati infatti redatti, negli ultimi anni, piani di bacino che hanno posto l’attenzione sui versanti montani, dove ci si è resi conto di una progressiva criticità. Tale criticità, è principalmente rappresentata dalle piante invecchiate, che cascando a valle (“effetto domino”), formano cumuli lungo i corsi d’acqua che costituiscono un ostacolo al deflusso delle acque. Al verificarsi di eventi metereologici di entità straordinaria, tali cumuli possono comportare vere e proprie ostruzioni all’alveo dei rivoli che, oltre a deviare il percorso originario di questi ultimi (effetto diga), rilasciano la cosiddetta “ondata armata” (acqua con trasporto solido di piante e flottanti vari)».

«I professionisti  – aggiunge Martello – devono essere coinvolti nella fase di progettazione e di pianificazione, nella fase di controllo, quando,  si fanno le scelte strategiche e accanto agli aspetti economici ed architettonici vanno altresì evidenziate anche le dinamiche delle popolazioni che vivono sul quel territorio. Il fenomeno della piena — spiega Martello – dipende dalla quantità di acqua che cade e dalla velocità con cui l’acqua arriva al collettore (torrente, fiume, canale) che la trasporta al mare, quindi un bacino non cementificato corre meno rischi perché l’acqua defluisce più lentamente. È quindi necessario che gli elementi non urbanizzati (boschi, prati, campagne, ecc.) possano svolgere il loro ruolo all’interno del bacino. A Genova non c’è stato un allagamento diffuso con grandissima quantità di acqua, ma quantità sufficienti a mettere in crisi piccoli bacini isolati, come i singoli quartieri coinvolti nella tragedia. Se l’acqua che arriva è superiore a quella che può essere smaltita dal sistema, ecco che abbiamo la piena».

«Il territorio è un sistema estremamente complesso – aggiunge Fabio Palmeri, coordinatore Dipartimento Protezione Civile e Sicurezza sul Lavoro del CONAF – che deve essere mantenuto in efficienza momento per momento, soprattutto quando e dove è “artificializzato” e adattato alle esigenze dei cittadini. Sempre più spesso, interi quartieri cittadini sono soggetti ad allagamenti o a disagi causati da eventi meteo che, tuttavia, solo raramente possono considerarsi eccezionali. Le cause di questi eventi, infatti, non dipendono soltanto dalla maggior frequenza degli eventi naturali estremi, ma anche e soprattutto dall’estensione degli edificati, delle infrastrutture e dalla diffusa impermeabilizzazione del suolo causata dai processi di urbanizzazione».

«Da circa un ventennio le alluvioni periodiche che hanno colpito il  “genovesato” hanno portato a riflessioni ed azioni della categoria sul tema dell’abbandono del territorio e del conseguente dissesto idrogeologico; oggi possiamo registrare come, rispetto al recente passato qualcosa sia cambiato, la legna ha preso valore. – conclude Consiglieri – Oggi, a differenza del passato, in un contesto di crisi economica, possiamo però dire che esiste un interesse socio-economico a produrre legna e governare i boschi con un contestuale recupero ambientale ed idrogeologico. Preso atto di ciò, restano da affrontare e risolvere questioni di tipo burocratico ed amministrativo (concessioni demaniali, normativa in materia di lavori pubblici, frazionamento della proprietà, ordinanze sindacali, ecc.), per mettere in condizione gli operatori del settore interessati ad operare con facilità e nel contempo a far risparmiare soldi pubblici in un momento di ristrettezza perdurante».alluvione_genova_4_novembre2011

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