Non c’è economia senza agricoltura

imagesdi Nicola Santoro FIDAF-Federazione Italiana Dottori in Agraria e Forestali
Negli ultimi decenni, nei Paesi in via di industrializzazione, ogni prospettiva di sviluppo ha portato ad una crescente marginalizzazione del settore agricolo, considerato “segno del passato”. Si è ridotto enormemente, così, il peso economico e sociale dell’agricoltura, ma nessuno ha colto pienamente le conseguenze di questa superficiale disattenzione. L’agricoltura è, infatti, il settore che più di ogni altro potrà e dovrà contribuire alla sopravvivenza della umanità e ai suoi necessari, nuovi equilibri sociali. Naturalmente sarà una agricoltura adeguata alle più complesse esigenze ambientali e alle nuove opportunità tecnologiche, superando definitivamente i limiti tradizionali, che ci ricordano il “contadino con il suo campo”. Una figura ormai romantica, da tempo superata. Se nel 1800 fu raggiunto il primo miliardo di abitanti del pianeta, oggi siamo oltre i 7 miliardi. Se la fame nel mondo è così diffusa e grave non è colpa solo di ingiustizie sociali, ma evidentemente anche di una inadeguatezza dei diversi sistemi agricoli praticati. Occorre comprendere che la crescente, futura necessità alimentare del genere umano dovrà essere affrontata con un aumento adeguato della capacità produttiva dell’agricoltura. Saranno necessarie nuove misure politiche ed economiche, per realizzare obiettivi dai quali non si potrà prescindere. Non vi è dubbio che l’imprenditore agricolo è il primo interessato alla difesa e alla valorizzazione del suo territorio. Ma così difende anche l’ambiente in cui viviamo. Il territorio abbandonato a sé stesso e alla incuria umana non può che andare incontro a disastri naturali sempre più frequenti. E l’agricoltura già svolge – e sempre più dovrà svolgere – un ruolo essenziale per prevenire distruzioni e danni. In Italia – fino a metà del ‘900 – il 60% della ricchezza prodotta veniva dal settore primario. L’industrializzazione, nel secondo dopoguerra, l’ha velocemente ridotta, come era giusto che fosse, dato che una ripartizione più equilibrata è necessaria per dare concretezza e prospettive alla economia di un Paese. Ma ora siamo a un ribaltamento eccessivo e, per fortuna, si comincia ad avvertire che è stata una inopportuna e dannosa esagerazione. Avere più economia agricola vuol dire anche avere maggiori spazi per il lavoro, per l’occupazione. Se l’agricoltura ha l’esigenza di sviluppo imposta dal dovere di nutrire tutti, l’industria e i servizi avranno molti e in gran parte non prevedibili nodi da sciogliere. In questo quadro, il settore agricolo ha molte probabilità di ridiventare un punto di sostegno economico e sociale per molti paesi. Certo, anche l’agricoltura dovrà ulteriormente rinnovarsi e dotarsi di mezzi, strumenti, principi che possano renderla sempre più efficiente. Le non procrastinabili iniziative richiedono collaborazione convinta tra tutti gli enti, le organizzazioni, i soggetti interessati – adeguatamente coordinati – per il perseguimento di obiettivi finalizzati a
favorire l’interesse generale e a penalizzare politiche egoistiche, miopi o di parte. Avviare una ripresa della ricerca non frazionata tra enti indipendenti e scollegati, ma coordinata sul piano nazionale ed europeo – con la contestuale, tempestiva e organizzata comunicazione dei risultati agli operatori del settore – costituisce fattore fondamentale per una ripresa dello sviluppo agricolo, nell’interesse del Paese.

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