«Siamo il Paese delle frane e ogni secondo occupiamo 8 metri cubi di suolo»

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B. De Bernardinis ISPRA AIntervista al Presidente ISPRA Bernardo De Bernardinis per AF – Dottore Agronomo Dottore Forestale

1) Presidente De Bernardinis, quale è lo stato di salute del territorio italiano dal punto di vista del dissesto da frana?

L’Italia, con oltre 487.000 frane, è uno dei paesi europei maggiormente colpiti, insieme agli altri stati della regione alpina, alla Norvegia e alla Turchia. Questo è ciò che ci evidenza l’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (Progetto IFFI) realizzato dall’ISPRA e dalle Regioni e Province Autonome, Progetto che, censite le frane relative al periodo 1116-2007, è la banca dati più completa in materia esistente in Italia, per il dettaglio della cartografia delle frane (scala 1:10.000), e le informazioni ad esse associate (tipologia di movimento, danni, ecc.). I dati, grazie all’adozione di una metodologia standardizzata di lavoro, sono omogenei e confrontabili a scala nazionale. L’Italia presenta un’esposizione ai fenomeni franosi particolarmente elevata, a causa delle sue caratteristiche geologiche e morfologiche (il 75% del territorio nazionale è infatti montano-collinare).

2) Da alcuni anni l’Italia è sempre più alle prese con disastri ambientali, frane, smottamenti. Oltre alle piogge, ci sono a suo avviso altre cause?

Oltre alle precipitazioni, che sono certamente le cause più comuni per l’innesco dei fenomeni franosi, i fattori antropici come gli scavi, i tagli stradali, il sovraccarico degli edifici sui pendii, le perdite da reti idriche o fognarie e la mancata manutenzione delle opere di difesa del suolo, hanno assunto negli ultimi 50 anni un ruolo significativo nel determinare un peggioramento delle condizioni di stabilità dei versanti. Tornando alle precipitazioni, quelle brevi e intense possono determinare l’innesco di fenomeni rapidi e superficiali quali le colate rapide di fango e detrito e gli scivolamenti di suolo anche detti soil slip mentre quelle eccezionali e prolungate causano generalmente la riattivazione di frane su litologie prevalentemente argillose e con una superficie di scivolamento più profonda, come ad esempio nell’Appennino emiliano. Tuttavia, dal punto di vista del danno conseguente, sono soprattutto l’esposizione del territorio, dimentico della pericolosità dei fenomeni franosi e la vulnerabilità dello stesso che giocano un ruolo determinante. Il nostro è un Paese in cui vengono occupati ogni secondo 8 m2 di suolo dallo sviluppo territoriale, coinvolgendo anche aree di pregio collinari e di bassa montagna.

L’intervista completa è pubblicata su AF (numero 3/4 2013)

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